Accessibilità by design

L’architettura invisibile
L’European Accessibility Act e l’accessibilità by design
Ogni progetto digitale ha due facce: quella visibile – l’interfaccia, il layout, i colori, le immagini – e quella che non si vede ma che la sostiene – la struttura, le gerarchie, il codice, la logica dei movimenti. È come entrare in un edificio: il prospetto può essere spettacolare, ma se le scale sono strette, gli ascensori malfunzionanti o le porte si aprono nel verso sbagliato, è un costruito che esclude, non è per tutti.
Così accade anche nel digitale: un sito può essere bellissimo, ma se non è navigabile da tastiera, se i testi non hanno sufficiente contrasto, se un’immagine non ha una descrizione alternativa, non è accessibile e non può essere fruito da tutti. Quella bellezza risulta solo di facciata. Non è per tutti, non è accessibile e inclusiva.
È proprio su questo che agisce l’European Accessibility Act (EAA): una direttiva europea del 2019 che è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo 82/2022 ed è ufficialmente entrata in vigore il 28 giugno 2025. Il decreto obbliga aziende, enti pubblici e fornitori di servizi digitali a rendere accessibili siti web, e-commerce, software, app mobili, e-reader e terminali self-service.
Una data storica, una vera rivoluzione. Per tutti. Non solo perché l’accessibilità diventa un requisito necessario a norma di legge. Ma perché trasforma radicalmente per tutti gli attori del mondo digitale il senso stesso della parola l’accessibilità, così come lo si è fino ad oggi concepito: non un requisito tecnico da soddisfare, ma un’opportunità reale che promuove la “buona progettazione”. Un motore di innovazione e crescita, che stimola competenze, professionalità e competitività. Ecco tutto questo è l’accessibilità “by design”.
L’Accessibility Act, infatti, propone una nuova grammatica progettuale, che non si limita alla superficie, ma che entra nei corridoi del codice, nelle scale della navigazione, nei percorsi cognitivi di chi vive l’esperienza digitale in modo non lineare. Si tratta di un cambio di paradigma: non usare dei tool ex-post al processo di progettazione, ma pensare in modo nuovo fin dall’inizio del progetto – ecco il significato di accessibilità “by design”, pensando a chi non guarda ma ascolta, a chi non clicca ma tocca, a chi non legge ma esplora, a chi naviga online ma non con mouse e schermo.
In particolare, l’European Accessibility Act richiede di rispettare 4 principi fondamentali:
- percepibilità, le informazioni devono poter essere colte attraverso diversi canali sensoriali;
- utilizzabilità, ogni elemento dell’interfaccia deve poter essere attivato e utilizzato, anche senza gli strumenti tradizionali;
- comprensibilità, i contenuti e i meccanismi di navigazione devono risultare chiari;
- robustezza, il sistema deve poter dialogare con un ampio spettro di tecnologie assistive.
Quattro principi concettualmente e progettualmente cruciali perché rappresentano i pilastri di una progettazione davvero inclusiva ed efficace. Derivati dalle Web Content Accessibility Guidelines (WCAG) 2.1, questi principi garantiscono che i prodotti e i servizi digitali siano accessibili a tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità o limitazioni. Ma, più ancora, pongono universalmente i pilastri della “buona progettazione”, spingendo alla ricerca e all’utilizzo di nuove soluzioni tecnologiche e di design più performanti, efficaci, chiare e semplici da usare.
Eccola, la buona progettazione. La struttura che non cede, che resiste nel tempo, che è sempre interoperabile, da qualsiasi angolazione tu la osservi. L’accessibilità è la grammatica che guida i nostri progetti da anni. Non una legge imposta, ma azioni concrete che guidano le scelte tecniche e danno forma all’intero impianto progettuale. In Heritage progettiamo e sviluppiamo modelli digitali pensati per far emergere i significati dei patrimoni culturali, senza barriere di accesso o di linguaggio. Trasformiamo contenuti culturali in esperienze digitali a cui tutti possono partecipare.
Nel corso di numerosi progetti di ricerca, ci siamo spesso imbattuti in una costante: molti strumenti digitali degli enti culturali – siti, app, portali – non sono accessibili. Secondo il più recente report delll’Osservatorio Innovazione Digitale per la Cultura solo il 40% dei musei e il 29% dei musei dispone di siti accessibili e inclusivi. Funzionano, sì, ma solo per alcuni. Escludono perché non sono stati pensati per accogliere. E non durano nel tempo.
È per questo che serve un intervento by design, non correttivo ma originario. Una progettazione consapevole che includa e che tenga conto di chi fruisce i contenuti in modi diversi, con tempi, gesti e strumenti propri, sin dalle fondamenta. Serve un cambio di passo e noi siamo pronti a camminare e a lavorare con chi vuole ripensare questi strumenti. Per “fare splendere i contenuti”. Per tutti.
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